La macchina del tempo

Fornesighe: il paese che mai bruciò

Sarà poi vero che Fornesighe mai bruciò nel passato?

… a differenza dei tanti paesi dell’arco alpino che nella loro vita più volte dovettero essere ricostruiti dopo violenti incendi perdendo così frammenti di storia.

Se ci si perde tra i suoi vicoli non è impossibile crederci, l’atmosfera è davvero d’altri tempi. Vicoli stretti un po’ labirintici, solo le piccole dimensioni del “centro storico” fanno sì che perdersi sia una parola grande, case che si abbracciano una all’altra, dove a volte è davvero difficile capire dove finisce una e dove inizi l’altra, case grandi, con tanti fuochi….


Fuoco! per fuoco si intende anche il nucleo familiare, e le case di Fornesighe ospitavano tanti, tanti fuochi (poi reali davvero e quindi con grande rischio di incendio), anche più di dieci per fabbricato, si dice infatti che Fornesighe è cresciuta spontaneamente (architettura spontanea) con la realizzazione nel tempo di aggregati multifamiliari.

Le case qui sono una sorta di primo esempio di grandi condomini, di spazi condivisi.
Un’architettura per certi aspetti per me paragonabile a quella di Manhattan.

Non scherzo, a parte che l’emozione in entrambi i casi è forte, diversa ma indimenticabile, e poi le ragioni della tipologia costruttiva sono simili: poco terreno, o terreno prezioso da non sprecare, da ben utilizzare in ogni caso, ed ecco case vicine, contigue, case alte, grattacieli… qui si contano anche quattro piani… e le tecniche costruttive qui non erano certo quelle degli inizi del 1900 a NY, quindi i 4 piani di questo piccolo paesino nelle Dolomiti vi assicuro, dal punto di vista costruttivo, sono altrettanto di merito e portano anche qui a passeggiare con il naso all’insù.


Ma a quando risalgono le case più vecchie del paese?
più precisamente dovremmo forse chiederci a quando risalgono le parti più antiche delle case, qui infatti si costruiva man mano che la famiglia cresceva e le esigenze lo richiedevano, e così spesso sono molti gli anni che separano un piano terra dal tetto.

Mah, di preciso non lo si può dire, forse 1100? ma l’incanto non dipende tanto dall’età, (questa ci dovrebbe portare al rispetto conservativo) ma dal connubio di legno e pietra, due elementi che l’uomo ad arte ha saputo usare, con spontaneità, senza fronzoli, pensando alle necessità. Ma si sa, le cose semplici sono spesso quelle ricche di magia, e magiche sono le scalette esterne alle facciate che sembra sostengano un balcone sopra l’altro, i balconi i soler/piol ampi solatii, preziosi un tempo come ora, le vecchie porte, quel gancio di legno, messo lì e lì ora è poesia, gli spazi interni assolutamente imprevedibili per la nostra abitudine agli spazi ben organizzati degli appartamenti moderni…


Un paradosso forse, ma qui c’è vita, in un paese come tanti di montagna che un tempo contava anche 800 abitanti ed ora forse non si arriva a 200, dire che c’è vita è un vero paradosso, ma la vita vissuta la si sente, qui tutto è un pezzo di storia, ha un suo perché legato a cultura e modesta quotidianità.
E l’atmosfera speciale non è data solo da ciò che si apprezza con l’occhio, nasce proprio dal sentimento che case e vicoli esprimono, raccontano, qui la sensazione è di vivere una pagina di storia, una storia non di grandi artisti, ma di uomini normali e forse per questo più vicina a noi, non solo la apprezziamo per l’estetica, la sentiamo soprattutto vera.

E così è facile credere (non solo in base alle attestazioni storiche) che davvero il fuoco qui non abbia mai cancellato pagine di storia, l’emozione è data da questo tuffo in un vissuto d’altri tempi non poi così lontani negli anni, ma tanto lontani nello stile di vita… una vita forse che per pochi ma fondamentali aspetti ci manca: il silenzio, la bellezza data dal rispetto di ciò che ci circonda, dall’armonia delle cose, da cose fatte non per protagonismo, ma per necessità, da un ritmo che senti qui diversamente più umano.

 

Anna Zaccone




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