I saperi di Zoldo

Benvenuti a casa: il museo di Goima

Benvenuti a casa. Sedetevi con noi attorno a un vero foghèr zoldano. Il nonno sta giusto raccontando una storia ai più piccoli, qualcosa letto tempo fa su un libro consumato, “I Miserabili”, “la Divina Commedia”, “Il Conte di Montecristo”.

Passate sotto i solèr delle case, dove volti divertiti e laboriosi vi osservano. Nel bosco e nei campi, sono tutti in piena attività, ma vi saluteranno con piacere, facendovi assaggiare le fave fresche.

Nella stalla e nel tabià tutto è fermo, in attesa del rientro del bestiame e di chi ha raccolto il fieno.

Così inizierà il vostro tour al Museo dei mestieri, usi e costumi della valle di Goima. L’allestimento è accurato, sembra che la Zoldo antica sia appena scappata di lì, lasciando ancora la scure infilzata nel ceppo e il paiolo sul fuoco. Non vi sembrerà di stare in un ambiente chiuso ma all’aperto, nella quotidianità di queste persone che vivono sotto il vant della Moiazza, raffigurata nell’immensa fotografia al tramonto della prima sala.

 


Montagna “lunatica” un po’ ventosa, molto nevosa ma straordinaria, quella dove trascorrono le loro esistenze gli abitanti di Goima, dove hanno sviluppato ogni genere di arte, dalla scultura alla lavorazione del ferro, sino al più conosciuto mestiere di tintori da guado, pianta dal fiore giallo che attraverso un sapiente procedimento può colorare i tessuti di un bel blu indaco.



Stampo dei tintori


Particolari di vite e segreti felicemente condivisi, mostrati dettagliatamente, dalle tende della camera da letto, alla cucina con tutti i suoi utensili. Ciò che colpisce è la bellezza del funzionale, ancora viva in questi oggetti e forse oggi, in quello che produciamo e creiamo, sparita.

Le “cose” dovevano adempiere alle loro funzioni, gli antichi zoldani non avevano tempo da perdere. Eppure non sembra confermare questa logica uno stupendo zanpedòn intagliato e ricco di decori. Molto più di un semplice pezzo di legno per portare i secchi sulle spalle. Vale lo stesso per questo elemento d’arredo, che da sempre ruba il cuore per la sua originalità:

 


Semplicità ed essenzialità… ma non vi ricorda un piccolo solèr?

Il museo di Goima vi attende perché vi spetta una spiegazione. Sulla bellezza dei tabiai e degli abiti tradizionali, sull’accogliente calore delle stùe e dei foghèr, sulle rifiniture che personalizzano i campanelli di mucche o capre, le pareti dei fienili, le lenzuola ricamate, le slitte per trasportare il legname. Tutto.



Particolare di un tabià di Molin

Vi consigliamo anche un giro per la valle di Goima, Molin, Chiesa, le Vare. Dilatate la magia.




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