Salite e discese

Val di Zoldo nel segno dello slittino

 Divertirsi con lo slittino in Val di Zoldo: il racconto di Emiliano.

 

Ha appena smesso di nevicare, in qualche decina di minuti la coltre di nuvole cariche di fiocchi si dissolve lasciando spazio a un sempre più denso blu del cielo.

Il sole si fa spazio e con lui l’allegria del gioco (fra i più belli del mondo) che fra poco ci farà scivolare sulla neve, i pattini dello slittino fremono sospinti dai miei pensieri dedicati alla discesa più veloce ed alle divertenti cadute.


Preparazione lunga ed approfondita…. si perchè non si può uscire nella neve senza la dovuta accurata vestizione. Ricordo che con l’aiuto della mamma, io e mio fratello procedevamo a strati cipollari: rigorosa maglietta da sotto di lana, una bella calzamaglia, braghette agili della tuta ma felpate, calzettoni di lana fatti dalla nonna Benvenuta (mi è sempre suonato strano questo nome), maglioncino di lana a collo alto e poi dentro la tuta da palombaro, quella che con le cerniere ti si chiude tutt’attorno, di quelle che non lasciano un gran spazio al movimento (non è colpa mia se ero bambino negli anni settanta/ottanta).


Come allora anche oggi, il non prendere freddo è un imperativo, ma anche un dovere dato che si vuole riuscire a giocare per ore a temperature sotto lo zero. Al gioco partecipano anche un paio di antesignani Moon Boot, un bel cappello, dei guanti e una fastidiosa sciarpetta che subito finirà appesa a qualche ramo vicino all’area da gioco prescelta.


Si individua una collina con delle variabili di pendenza, si valuta con una rapida discussione la neve (se è pesante, farinosa o ghiacciata) e si decide se battere o no una traccia con i piedi per rendere più reale una vera e propria pista per i nostri slittini. Dalle case escono a frotte i bambini, come se la neve fosse diventata un momento di possibile tranquillità per i genitori, oltre che di divertimento collettivo atteso nelle lunghe ore di cattivo tempo precedenti a questa implicita grande festa. Ci siamo, la pista è tracciata e ho appena risalito la collina tirando con un breve tratto di corda il mio slittino, come fosse una propaggine di me.


Con il fiatone posiziono il mezzo, lo spingo un po’ per raggiungere subito l’emozione data dalla velocità e mi ci tuffo sopra. La pendenza è sufficente… anzi all’improvviso quasi troppa. Un piccolo fosso mi fa sbalzare veloce. lo slittino da una parte e io, con un bel salto, finisco a rotolare e scivolare fra i piccoli cristalli luccicanti che si fanno nuvola attorno a me.


Mi fermo fra i cespugli, così ricoperti di neve da manifestarsi coi rami e con le spine solo dopo che ci finisco dentro. Ho la neve d’appertutto, la “vestizione intelligente” mi fa da scudo e neanche un po’ di neve si intrufola a contatto della pelle, se non sul viso, e fra i guanti e le maniche. Questi guanti vanno tolti, mi rovinano la percezione e poi non riesco a fare le palle di neve necessarie per difendermi dai divertiti attacchi degli amici. Si continua così per ore, fino a quando le labbra non diventano viola e le mani non si sentono più, fra cadute, salti, rapide scivolate e gran risate.


Ogni bel gioco dura poco e si sa che d’inverno, oltre ai compiti da fare, viene anche buio presto e quando va via il sole viene troppo freddo per continuare a giocare. Qui fra le nevi delle Dolomiti è però bello anche rientrare a casa. La mamma ci aspetta… pronta con il bagno caldo predisposto.  Ci si sveste, ci si immerge e ci si asciuga… poi con vestiti comodi e le guance accese dalla divertente azione sullo slittino ci si siede accogliendo alcuni compagni di neve, a bere un bel tè caldo coi biscotti. E’ quasi buio e non si vede nessuno all’orizzonte capace di portare via la neve…

La collina di fianco a quella segnata dai pattini degli slittini potrà essere conquistata domani. E il gioco, reso possibile dal mezzo più intelligente del mondo (lo slittino), continua… spero che continui ancora… riversando gioia anche in questi tempi un po’ più moderni dei miei.

 

Emiliano Oddone




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